Maya chan: Dovrei scusarmi per l'attesa, ma ho proprio avuto dei problemi e spero che possiate capirmi. Comunque vi dico già che questo è un capitolo intermedio, che naturalmente non potevo tralasciare. Di certo ci sono segnali Shizaya o meglio pensieri. Ma lascio a voi la lettura, commentate in tanti!
Ah, a proposito di commenti, perfavore commentate anche su EFP:
hier●●●
La pioggia tamburellava insistentemente su quel finestrino opaco. L'autista -un omaccione grande quasi un gorilla che nella vita aveva anche intrapreso il lavoro di guardia del corpo- li stava portando verso un porto qualunque, non era importante dove, ma doveva essere abbandonato, lurido e puzzolente. Non era poi una grande novità, lo aveva capito fin dal' inizio che l'affare non era pulito quanto voleva sembrare.
L'uomo al suo fianco si scroccò la schiena ad intervalli regolari – ogni 6 secondi per l'esattezza- e continuava a girarsi e guardarlo, sperando di cogliere qualche segnale di consenso. Tossì due o tre volte, prima di prendere finalmente parola.
« Mi é stato confermato che il pacco arriverà al luogo destinato soltanto per le due...»
Fece finta di guardare l'orologio soltanto per la prima volta, per poi girarlo nella direzione del suo cliente.
« Sono un quarto all'una.... Cosa vorrebbe fare? »
La voce era roca e sudaticcia, anzi, l'uomo era sudato ed altrettanto puzzolente.
« Forse vuole mangiare qualcos....»
« Non ci penso proprio.»
Izaya ruppe l'involucro di silenzio che si era materializzato intorno a lui, e finalmente espresse ciò che stava pensando per tutto il viaggio.
« Ciò che voglio é soltanto la merce. Non ho tempo da perdere con un umano come te.»
Disse tutto con tanto disprezzo, come se stesse parlando di un animale malato e schifoso.
« Ferma la macchina scimmione!»
L'autista si girò di scatto cercando di emettere suoni spaventosi con la gola. Gli occhi erano in fiamme.
« Non mi fai paura, ho visto persone più troglodite di te.»
La macchina si fermò tutto d'un tratto ed Izaya ne convesse che era il momento giusto per sbarazzarsi di quei noiosi, impotenti e normalissimi umani.
Scese dalla Ferrari nera pece e controllò per bene che le gocce d'acqua entrassero e bagnassero i sedili in pelle.
« Mi procurerò la merce a modo mio, non preoccupatevi.»
E – sempre lasciando la portiera aperta- si diresse verso un bar vicino.
Lo scimmione e l'uomo sudato lo videro tirar fuori il cellulare dalla tasca e comporre un numero, ma non dissero e non fecero niente, conoscevano bene la fama di quell'uomo.
Ordinò qualche dolcetto ed una cioccolata calda. Il bar si trovava in un vicolo poco affollato. Caldo. Izaya sentiva stranamente caldo.
Era sempre stato bravo a comandare i sentimenti. Anzi talvolta lui, ed altra gente, si chiedevano se Izaya stesso ne avesse. La risposta era semplice: sì. Certo che ne aveva. In molti casi il suo comportamento era simile ad un alieno, ad un essere non normale, ma lui era, è e sarà sempre un umano. Se poi ad Izaya piacesse essere paragonato a tanti miliardi di persone, essendo tutti sotto lo stesso genere, non lo sapeva nessuno. Sottostà che Izaya è un essere umano, e che come tutti possiede sentimenti. Il problema, però, non era capire se il suo cuore metaforico esisteva o meno, ma comprendere se il bacio dato a Shizuo aveva mosso qualcosa dentro di lui.
Ogni volta che ci pensava, il suo cervello elaborava solo rabbia. Quell'uomo con la capacità mentale di un paramecio gli stava procurando dei problemi. Poteva capire, e sopportare, se quei problemi fossero stati fisici, ma erano mentali. La sua psiche, il suo cervello era preoccupato ed indeciso. Gli era piaciuto? Lo aveva voluto lui? O era stata solo la sorpresa a non farlo staccare subito. Qualunque fosse la verità il problema esisteva ancora. Lui era stato lì, immobile e non si era ritirato.
Restò tutto il tempo trascorso nel bar ad osservare il palo della luce dirimpetto.
Alla fine fece una decisione, un po' per il suo ego e per se stesso: era stato un gioco. Stava prendendo in giro quell'idiota di Shizu-chan, solo per testare come avesse reagito dopo un bacio tra uomini.
In più a lui non era piaciuto. Izaya aveva già baciato uomini, ma anche donne, e lo aveva fatto solo per gioco. Questa volta non sarebbe stato diverso.
Tirò fuori nuovamente il cellulare e compose il numero di Celty – il suo corriere personale, in poche parole- e lasciò recuperare a lei la merce.
« Aspetterò a casa seduto sul mio divano.»
Aveva un po' male alla testa, avrebbe preso anche un'aspirina.
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Spinse verso il basso il bottoncino e grattò col pollice la rotellina per azionare il meccanismo capace di far fuoriuscire una fiamma dall'accendino. Portò quest'ultimo alla bocca e la fiamma l'avvicinò alla sigaretta stretta tra i denti.
Non aveva cominciato a fumare per seguire la “massa”, ma perché, a parer suo, poteva aiutarlo a tener calmi i nervi.
In quel momento, in particolare, ne aveva estremamente bisogno. Sentiva le sue vene pulsare, e sapeva che osservando le sue tempie si poteva percepire che era meglio stargli alla larga. Non lo sapeva nemmeno lui il perché di tutta quella rabbia. Era stato tutto un incidente, nessuno dei due lo aveva voluto, lui in particolare. Se invece Izaya sì, bé non gli interessava più di quel tanto. Era successo tutto per colpa di spinte non calcolate, anzi, era stata la gravità a causare quello scontro troppo frontale.
«Cazzo.»
Buttò fuori un po' di fumo e riavvicinò di nuovo la sigaretta alle labbra.
Nel locale alle sue spalle Tom stava cercando di riavere un bel gruzzolo di soldi, senza però riuscirci. Il poveretto era inginocchiato – come tanti altri, se non tutti quelli che vedevano Shizuo- e stava pregando di dargli più tempo. Questa volta Shizuo non aveva intenzione di ascoltare, aveva già abbastanza a cui pensare e non voleva rivolgere tutta la sua rabbia su quell'uomo.
Guardando il triste cielo che aveva appena smesso di buttar giù pioggia, gli venne in mente che aveva bisogno di una persona in particolare. Si mise dritto e con un cenno verso Tom si congedò. Si diresse verso sud. La meta era l'autostrada o giù di lì, se doveva incontrare Celty allora non c'era posto migliore.
Non aveva alcuna intenzione di dire. Però parlare con un'amica non avrebbe fatto male.
I locali notturni erano già aperti, e vicino ai lampioni si potevano scorgere delle ragazze, poco più grandi di bambine, che si atteggiavano a donne.
Nella giornata non aveva fatto altro che vagare per Ikebukuro e fermarsi qua e là a fissare vetrine o altro.
Ogni volta che si soffermava a pensare seriamente, la faccia da prendere a schiaffi di Izaya gli vorticava attorno. La vedeva contorcersi dalle risate, come se tutto quello che era successo fosse stato un suo piano ben congegnato per prenderlo in giro.
Si fermò. Il semaforo era rosso. Di nuovo -per almeno la quarta volta- Izaya gli tornò in mente. Digrignò i denti. Lo odiava, tantissimo. Tutti quegli incidenti, tutte le sue preoccupazioni erano causate da un unica pulce. Lui. Izaya. E di nuovo prese dentro di lui il desiderio di ucciderlo, di prenderlo e stritolarlo.
Di abbracciarlo... «No!»
Indietreggiò di qualche passo, come? Com'era possibile che avesse solo pensato una cosa del genere? La stanchezza, doveva essere la stanchezza. Il semaforo divenne arancione.
Stava sudando. Non poteva essere possibile che a lui, a Hewajima Shizuo, il nemico giurato della pulce, potesse piacere un bacio tra uomini.... Un bacio tra loro due.
Il semaforo era verde, ma non c'era nessuna persona che attraversava la strada. L'uomo che pochi istanti prima sembrava contorcersi da un pensiero orribile, si era girato e se n'era andato con un'espressione strana.
Continua...